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Ipotesi REDO – Rete Elettronica Di Osservazioni
 
 
0.Un gioco di specchi: prologo

[…] Se leggo l’Odissea leggo il testo di Omero
ma non posso dimenticare tutto quello che le avventure d’Ulisse
sono venute a significare durante i secoli,
e non posso non domandarmi se questi significati erano impliciti nel testo
o se sono incrostazioni o deformazioni o dilatazioni.

Italo Calvino, “Perché leggere i classici”, pag. 8 – Oscar Mondatori ,1995



1.Cercando una via: riflessioni

A tutte le latitudini, in tutte le comunità, esiste una storia non scritta: una storia sussurrata che è il prodotto del lento, incessante, evolversi di una cultura, di un gruppo, di un insieme sociale. Una storia che lega il Presente e il Passato delle stessa collettività, che si fonda sulla memoria dei gesti ed usi quotidiani.
Nell’epoca in cui viviamo, dove il futuro è fosco e il passato diventa sempre più una lontana intuizione, è forte la necessità di capire, di conoscere, di rintracciare i nessi causali tra Presente e Passato collettivo. È forte la necessità di segnare percorsi comuni tra culture distinte così come coglierne, ed interpretarne, le differenze.
Diventa, così, indispensabile pensare forme di intervento e cooperazione culturale che stimolino l’intersezione tra idee, modelli e valori eterogenei.

Immaginare al fine di progettare ponti ideali tra ambienti culturali, sociali ed umani, tra presente e passato, tra contemporaneità e tradizione diventa, quindi, una condizione necessaria e doverosa per evitare l’accrescersi e il debordare di quella rigida contrapposizione frontale spettacolarmente denominata “scontro di civiltà”.
Bisogna, quindi, intendere la multiculturalità come una rete di relazioni in cui si intersecano idee, modelli e valori eterogenei e da questo presupposto sviluppare sistemi di relazioni, in senso orizzontale quanto verticale, che tengano conto dei differenti background.
È, questo, un passaggio fondamentale per evitare che la memoria culturale di un popolo diventi un’arma strumentale e giustificativa alla mercè del migliore/peggiore offerente.

1b. Cercando una via: pensando globale, agire locale

Diviene quindi importante rintracciare e valorizzare le radici delle singole culture: operare, cioè, una sorta di restauro delle identità culturali, pianificare un metodo di lavoro che tenda a rintracciare ed esaltare le connessioni tra la contemporaneità e la tradizione, tra la percezione del Presente e l’insostituibile bagaglio del passato.
La condizione primaria per rendere possibile questa saldatura è quella della delimitazione di un campo base: un comune piano d’azione e di conoscenza. Non si tratta, infatti, di raccontare “gli altri” – per quanto a noi vicini essi siano – ma di essere direttamente impregnati degli elementi costituenti la pratica del racconto e dell’ascolto.
Allo scopo di ricondurre le premesse di cui sopra al vissuto specifico e al contempo convertire l’attrazione per il cosiddetto “altro” in pratiche ibride di conservazione della memoria e di progressione culturale, risulta necessario che l’ambito di azione sia un luogo, al contempo fisico e mentale, in cui muoversi e sorprendersi, vagare e meravigliarsi.
In questo, la Sicilia è di certo uno spazio di osservazione privilegiato: un territorio di contraddizioni evidenti e sommerse, come le molte storie che vi si intrecciano, storie che fuggono e ritornano, si seppelliscono e riaffiorano.
Quello che nelle città è assopito, al di fuori di esse è ancora evidente in superficie; la Sicilia porta segni incelabili, per volontà e condizione, che rimandano all’intimo ancestrale rapporto dell’essere umano con le proprie origini e con i propri fantasmi.

Il rinato interesse per il mondo rurale è il segno evidente della necessità di ristabilire un legame forte e – perché no?- romantico con la terra; una attaccamento che si alimenta attraverso la conoscenza del territorio , tanto al Presente quanto al Passato.
Chi, quindi, meglio dei suoi abitanti ne può raccontare le storie? Gli uomini e le donne, che vi sono cresciuti in simbiosi, conservano un immenso tesoro: la memoria del confronto quotidiano, storie con la “s” minuscola che sono prodotto e, al tempo stesso, materia generatrice del territorio stesso.
E’ quindi il caso che siano le loro parole – i loro ricordi incorniciati dai gesti e dagli sguardi – ad invitare a una fruizione consapevole, ad alimentare la curiosità verso il mondo vicino/lontano che per un verso trova ancora rifugio nelle pieghe dell’Isola mentre per un altro reclama ciò che gli spetta: il conoscimento collettivo, la Memoria.

2. Per una pratica del racconto e dell’ascolto: l’ipotesi REDO

REDO si configura, così, come il nucleo primigenio di un laboratorio in fieri i cui successivi sviluppi saranno determinati dalla pratica stessa. Nella sua prima fase, REDO si delinea come un immateriale centro di raccolta e smistamento di informazioni legate alle riflessioni e alle istanze indicate precedentemente.
In pratica REDO è una piattaforma multimedia concepita come un magazine tematico in forma elettronica: testi, suoni e immagini verranno realizzati da una redazione, eterogenea per forma e composizione, il cui principio cardine sarà la gestione orizzontale e collettiva dell’organizzazione e della produzione. Di fatto, si tratta di mutuare la forma già sperimentata in altri progetti ICT rimodellandone le dinamiche sia creative che gestionali.
Queste righe, però, hanno quale unico obiettivo la presentazione di una bozza progettuale; l’approfondimento della struttura organizzativa e produttiva viene quindi rimandata ad un auspicabile momento di confronto collegiale tra gli/le interessati/e.

Per restare nell’ambito delle considerazioni generali e introduttive, possono però essere utili un paio di indicazioni relative alla scelta del nome: il termine “redo” è quello che indica, nelle applicazioni informatiche, il recupero di un’operazione precedentemente eseguita in maniera erronea e il confronto tra culture e recupero della memoria è il carattere costitutivo di questo progetto. Un’operazione per certi versi rischiosa e che, senza dubbio, obbliga a un’attenta analisi tanto quanto al riconoscimento di un’urgenza.
Al contempo,però, REDO deve svilupparsi in una forma giocosa e disincantata, fuggire dalla seriosità e dalla anelito istituzionale e sfuggire alla volontà di rappresentazione oggettiva e universale. Ecco perché l’acronimo di REDO è RETE ELETTRONICA DI OSSERVAZIONI: RETE in quanto maglia che si genera e si amplia attraverso incroci e nodi, OSSERVAZIONI come sinonimo di ricerche, di sguardi desiderosi di conoscenza, di pareri non vincolanti…

2. (momentaneo)Gran Finale: Brevi conclusioni e note bibliografiche

Qui si conclude la bozza di REDO; ovviamente,ed auspicabilmente, tutto quanto scritto precedentemente è soggetto ad ampliamenti, modifiche, evoluzioni. Queste righe altro non sono che i primi cerchi propagati dal lancio di un sasso nello stagno e qui di seguito riporto alcuni dei sassi che, credo e so, mi hanno spinto fino a qui: alla ricerca di condivisione di un desiderio troppo complesso per esaudirsi in solitudine.

F.Renda, “Movimenti di massa e democrazia nella Siciliadel dopoguerra” , De Donato, Bari 1979

I.Calvino, “Perché leggere i Classici”, Oscar Mondadori, Milano 1995

I.Calvino, “I racconti – volume primo”, Oscar Mondadori, Milano 1993

H.M.Enzensberger, “La breve estate dell’anarchia – vita e morte di Buenaventura Durruti”, Universale Economica Feltrinelli, Milano 2002

G.Bocca, “Partigiani della montagna – vita delle divisioni “Giustizia e Libertà” del Cuneese”, Universale Economica Feltrinelli, Milano 2005

M.Pino, “La regina di Gangi – storia di briganti, mafiosi e poliziotti nella Sicilia degli anni Trenta”, Rubettino, Sveria Mannelli 2005

R.De Simone, “Il presepe popolare napoletano”, Einaudi ,Torino 2004

A.Nicolino, “Stirru – parte 1” – progetto audiovisivo e multimedia

D.Enia, “Maggio ‘43” – cuntu e spettacolo teatrale

Tre anni di singhiozzante, quanto emozionante, lavoro a un piccolo documentario sulle tracce di Rosa Balistreri

Tanti altri inputs, incontri, meraviglie e paesaggi

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