Ieri, Pietro

Impressioni del giorno dopo: incontro a Raffo con Pietro Li Puma

E’ tutta la giornata che ci penso, hai presente quella sensazione che ti insegue quando hai “vissuto un sogno”? Quando, cioè, hai sognato qualcosa e al risveglio – e per il resto della giornata – continui ad essere inseguito da questo impasto di ricordi sbiaditissimi e sensazioni debordanti? Bene, oggi è proprio così. Anzi, già ieri – quando scendevamo da Polizzi e percorrevamo i tornanti ormai bui: ripensavo a tutti gli inputs ricevuti, alle parole dette e a quelle ascoltate e, forse anche di più, agli sguardi e ai volti.
Andiamo con ordine: ieri, a Raffo – frazione di Petraia credo Soprana – abbiamo conosciuto Pietro Li Puma, figlio di Epifanio – ammazzato proprio a Raffo durante le lotte contadine degli anni ’50.
La piazza di Raffo appare come un cortile e forse l’unica differenza è che c’è un bar, un bar tanto piccolo quanto accuratamente lustro. E dietro il bancone di questo bar c’è una signora, una signora che da giovane sarà stata bellissima: lo raccontano i contorni del suo viso, il disegno della bocca e il taglio degli occhi. A proposito: qui tutti hanno gli occhi azzurri – ma di un azzurro che ti spiazza: intenso e brillante. Guardi questi visi che quasi sembrano delle maschere dalle cui orbite emergono due smeraldi piccoli e coriacei, fissi questi occhi e hai la sensazione di annegarci dentro. Tutti e tutte hanno questi occhi. Che in realtà più che gli occhi sono gli sguardi: un tunnel di vite vissute e di speranze mai abbandonate.
Khaled Hosseini – scrittore di cui ignoravo l’esistenza fino alla scorsa settimana -scrive nel suo piùcheemozionante romanzo “il cacciatore di aquiloni” : “con lo sguardo dei suoi occhi neri avrebbe costretto il diavolo a chiedere misericordia in ginocchio”. Ecco, gli occhi di Pietro Li Puma  superano quella descrizione e ti salutano, ti attraggono, ti inchiodano, ti ascoltano e ti parlano…
 
Pietro Li Puma non ha avuto titubanze: ci ha subito offerto la sua disponibilità, la sua partecipazione attiva, la sua volontà di raccontare e ricordare; ha ascoltato con attenzione i nostri perché, le nostre modalità, i nostri obiettivi. Tutto liscio, tutto tranquillo, lineare: Pietro pensa anche ad altri compagni e compagne che potranno anche loro raccontarci, ci aiuta a tessere la trama del racconto, a disegnare lo spazio storico con la attuale geografia umana. Pietro ci dà fiducia, ci dà la sua storia e si fa garante per noi per accedere alla raccolta delle storie di coloro che, con lui, hanno vissuto, gioito, patito e che ancora oggi incrociano gli sguardi.
 
Già i loro sguardi, sguardi che ti scivolano di sopra con facilità ma – lo senti, lo vedi – potrebbero con uguale facilità cancellarti dal loro orizzonte.
Qualche giorno fa, avevo scritto una breve riflessione “preventiva” sulla responsabilità che Redo si assume nel momento in cui sviluppa contatti; dopo l’incontro con Pietro, non solo ne ho la prova certa, ma comincio ad avere coscienza anche del volume di questa Responsabilità (che non a caso indico con la R maiuscola).
Responsabilità: è la Responsabilità di trovarsi di fronte a gente che non ha nulla da rimproverarsi, gente che non ha scelto di vivere di lotte e di amarezza ma che di fatto di questo ha vissuto, gente che si è interfacciata con le contingenze, le avversità, i dolori, e che oggi ritiene giusto, se non sacrosanto, intrecciare lo sguardo e la memoria, il loro essere con il nostro divenire. Non è facile, davvero non è facile. Ma è esaltante, lo ammetto: è davvero esaltante.
Avremo modo di parlare di questo, di Responsabilità, di scelte, di pratiche per ascoltare, di pratiche per raccontare, di – come ieri stesso Moffo spiegava a Pietro – “seguire la tradizione”.
E’ importante, è il fulcro di Redo: “seguire la tra-dizione”: trasformare la trasmissione, in “discorso tra”: tra chi ascolta e chi racconta e trasformarsi ciclicamente in raccontatori/ascoltatori. ( e solo ora mi accorgo che tra i molti appunti di pre-redo ce n’è uno che recita: “REDO , documenti/orizzonti/territori”.
Fine (momentanea) del sermone. Ci vediamo martedì, ore 21.
d8

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